APPROFONDIMENTI
1.La responsabilità giuridica dell’insegnante
Monografia dell’Avv. Bruno Sechi del Foro di Cagliari
La responsabilità giuridica dell’insegnante è essenzialmente
disciplinata dall’art. 61 della l. 11 luglio 1980 n° 312 che
così recita:
la responsabilità patrimoniale del personale direttivo, docente,
educativo e non docente della scuola materna, elementare,
secondaria ed artistica dello Stato e delle istituzioni educative
statali per danni arrecati direttamente all’amministrazione
in connessione a comportamenti degli alunni è limitata ai
soli casi di dolo o colpa grave nell’esercizio della vigilanza.La
limitazione di cui al comma precedente si applica anche alla
responsabilità del predetto personale verso l’amministrazione
che risarcisca il terzo dei danni subiti per comportamenti
degli alunni sottoposti alla vigilanza. Salvo rivalsa nei
casi di dolo o colpa grave, l’amministrazione si surroga al
personale medesimo nelle responsabilità civili derivanti da
azioni giudiziarie promosse da terzi.L’ultimo comma suesposto
prevede la responsabilità civile diretta dell’Amministrazione
scolastica, la quale esercita il diritto di rivalsa nei confronti
dell’insegnante, che abbia tenuto un comportamento colposo
o doloso, nella causazione del danno.La giurisprudenza piu’recente
ha confermato la responsabilità civile diretta dell’Amministrazione
scolastica (Cass. civ. Sez. III 6331/98; Corte Conti Sez.
Giur. Lazio n. 40 del 15/05/1998; Corte Conti Sez. Giur. Piemonte
n. 1590 dell’11/X/1999).L’istituto in questione ha dapprima
trovato sistemazione nell’art. 2048 c.c.Esso, unitamente alla
responsabilità dei genitori, dei tutori ( art. 2048 c.c.),
dei committenti ( art. 2049 c.c. ) rientra tradizionalmente
nella categoria della responsabilità per fatto altrui.Secondo
la dottrina tradizionale e lo stesso spirito del codice civile
( come si desume dalla Relazione del Ministro ), la responsabilità
per fatto altrui è una species del genus della responsabilità
per fatto proprio.Non può esistere una responsabilità senza
che vi sia una colpa; essa trova fondamento nel particolare
rapporto tra il responsabile e l’autore materiale del fatto
( v. la responsabilità dei genitori ex art. 2048 c.c. ).L’autore
del fatto è una fonte di danno che il responsabile ha l’obbligo
di controllare, per evitarne l’insorgenza, in conformità a
specifiche disposizioni di legge ( artt 2047-2054 c.c. ).La
costruzione tradizionale della figura in oggetto è posta a
difesa del principio della colpa.Quest’ultima è il criterio
fondamentale d’imputazione della responsabilità civile.La
dottrina dell’ultimo trentennio ha trascurato, invero, le
problematiche concernenti la figura in esame.Alcuni la reputano
un’eccezione alla regola espressa nell’art. 2043 c.c. ( responsabilità
civile per fatto proprio ); altri, pongono l’accento sulla
posizione di garanzia e di tutela del soggetto responsabile.Parte
della dottrina moderna distingue, nell’ambito dell’istituto
in oggetto, le ipotesi di responsabilità per fatto altrui,
che prescindono dalla colpa del responsabile, ( art. 2049
c.c.: responsabilità dei padroni e dei committenti ), dalle
ipotesi in cui la colpa è l’elemento fondante la responsabilità
medesima ( art. 2047 c.c.: danno cagionato dall’incapace;
art. 2048 c.c.: responsabilità dei genitori, dei tutori, dei
precettori e dei maestri d’arte ).La responsabilità dei datori
di lavoro per i fatti illeciti commessi dai dipendenti è assoluta.Infatti,
l’art. 2049 c.c. non ammette la prova liberatoria, neanche
nell’ipotesi di caso fortuito o forza maggiore.Parte della
dottrina ritiene che, nella ipotesi succitata, il responsabile
riveste una posizione di garanzia nei confronti di terzi,
per il comportamento dei suoi dipendenti.Nelle fattispecie
di cui agli artt. 2047, 2048 c.c. i genitori e gli insegnanti
hanno l’obbligo di vigilare sui soggetti sottoposti alla loro
tutela.Il mancato adempimento dell’obbligo di sorveglianza
concorre alla causazione del danno, commesso dal minore o
dall’alunno.La prova liberatoria del responsabile consiste
nel dimostrare al giudice che egli non ha potuto impedire
il fatto dannoso.La responsabilità dei genitori e degli insegnanti
è agganciata, in qualche modo, al principio della colpa.E’
opportuno evidenziare che nell’ipotesi di un fatto dannoso,
commesso dall’alunno a se medesimo o ad un terzo, l’Amministrazione
scolastica si surroga al personale docente nella responsabilità
civile.In altri termini, nell’ipotesi di cui sopra, il genitore
dell’alunno danneggiato, al fine di ottenere il risarcimento
del danno, deve citare, davanti al Tribunale civile, l’Amministrazione
scolastica, quale unica legittimata passiva. La Corte Costituzionale,
nella sentenza n. 64 del 1992, precisa che la responsabilità
diretta dell’Amministrazione scolastica, in via surrogatoria
rispetto agli insegnanti, è limitata ai soli casi d’omissione
dei doveri di vigilanza ( culpa in vigilando ), da parte di
quest’ultimi. Pertanto, nelle ipotesi di culpa in vigilando
è esclusa l’azione civile diretta nei confronti degli insegnanti,
mentre questi continuano a rispondere in via diretta nelle
ipotesi diverse da quelle commesse in culpa in vigilando .
L’orientamento suesposto è stato confermato dalla Giurisprudenza
di legittimità ( Cass. SS. UU. n. 7454/1997; Cass. civ. Sez.
III n. 2463 del 1995 ). E’ fatto salvo il diritto di rivalsa
dell’Amministrazione, condannata in sede civile, nei confronti
dell’insegnante, il quale abbia tenuto, in occasione del fatto
dannoso dell’allievo, un comportamento connotato da dolo o
colpa grave ( v. art. 61 2 co. l. 11 luglio 1980 n. 312 ).
Le nozioni di dolo e di colpa si ricavano dal codice penale:
art. 43 c.p.: ( il fatto illecito ) è doloso, o secondo l’intenzione,
quando l’evento dannoso o pericoloso, che è il risultato dell’azione
od omissione ................. è dall’agente preveduto e voluto
come conseguenza della propria azione od omissione ; è colposo,
o contro l’intenzione, quando l’evento, anche se preveduto,
non è voluto dall’agente e si verifica a causa di negligenza
o imprudenza o imperizia, ovvero per inosservanza di leggi,
regolamenti, ordini o discipline . Il dolo o la colpa sono
l’elemento psicologico essenziale del fatto illecito. Nelle
ipotesi di dolo o colpa grave dell’insegnante, l’Amministrazione
scolastica, qualora sia stata condannata al risarcimento dei
danni in favore del danneggiato, in forza della sentenza del
Giudice civile, deve rivalersi nei confronti del medesimo
insegnante, davanti alla Corte dei Conti. Infatti, il comportamento
colposo dell’insegnante, che contribuisca alla verificazione
del fatto dannoso dell’alunno, causa un danno economico all’Amministrazione
scolastica, equivalente all’importo monetario, corrisposto
al medesimo alunno, a titolo di risarcimento dei danni. Secondo
l’unanime Giurisprudenza, la colpa grave sussiste nelle ipotesi
di mancata adozione delle piu’ elementari regole di prudenza,
diligenza e perizia. Nell’ambito della responsabilità in oggetto,
autorevole Giurisprudenza ( Corte dei Conti Sez. Giur. Piemonte
n. 1590 dell’11 ottobre 1999 ) stabilisce che la mancata sorveglianza,
durante la pausa di ricreazione, concretizza un’ipotesi di
colpa grave. Infatti, secondo la giurisprudenza de qua, in
tale momento si richiede una vigilanza maggiore, considerata
la prevedibile esuberanza degli alunni, che determina maggiori
rischi d’eventi dannosi. Nell’ipotesi di un alunno, caduto
nella tromba delle scale, al momento dell’uscita dall’edificio
scolastico, la Corte dei Conti, nella sent. n. 40 del 15/05/1998,
ha accertato la responsabilità dell’insegnante 64enne, nella
misura del 20%; perciò, a fronte di un risarcimento dei danni
di £. 120 milioni, l’insegnante è stato condannato alla rifusione
di £. 5 milioni, in favore dell’Amministrazione scolastica,
in virtu’ della riduzione concessa dai giudici. La riduzione
del grado di responsabilità, e per l’effetto, della somma
di danaro da pagare, a titolo di risarcimento, rientra nei
poteri attribuiti dalla legge alla Corte dei Conti. Nella
fattispecie in esame, gli elementi che hanno giustificato
la riduzione dell’entità del risarcimento sono: l’età avanzata
dell’insegnante, il suo impeccabile curriculum vitae, le condizioni
economiche non floride e il suo stato di salute precario,
l’esuberanza degli alunni, la pericolosità oggettiva della
scala, la mancata predisposizione d’adeguate misure preventive,
da parte dell’Amministrazione scolastica. La disorganizzazione
di quest’ultima non deve aggravare il carico di responsabilità
dell’insegnante, ma non necessariamente eliderlo. La giurisprudenza,
ormai unanime, ( Cass. civ. Sez. III n.6331/98 ) stabilisce
la presunzione di negligenza dell’Amministrazione scolastica;
da ciò consegue che, in sede civile, il danneggiato deve provare
che l’evento lesivo si è verificato durante il periodo d’affidamento
dell’allievo alla scuola ( dal momento dell’ingresso a quello
dell’uscita ); non ha l’onere di provare il dolo o la colpa
grave del personale addetto alla vigilanza. Spetterà all’Amministrazione
dimostrare davanti al Giudice che essa non ha potuto impedire
il fatto illecito. In altri termini, l’Amministrazione deve
dimostrare, al fine di liberarsi dalla responsabilità, che
è stata esercitata la sorveglianza sugli allievi con una diligenza
idonea ad impedire il fatto e cioè quel grado di sorveglianza
correlato alla prevedibilità di quanto può accadere . Occorre
adottare le piu’ elementari misure organizzative per mantenere
la disciplina fra gli allievi , in particolar modo nei momenti
di maggiore esuberanza degli allievi e, pertanto, di maggior
rischio d’incidenti. Qualora sia mancata la sorveglianza,
non si può invocare l’imprevedibilità del fatto dannoso, commesso
nel momento della ricreazione, poiché quest’ultimo è intrinsecamente
pericoloso. Secondo una valutazione comune si reputa che,
durante il periodo della ricreazione, siano prevedibili eventi
dannosi per gli allievi (Cass. civ. Sez. III n. 916 dello
03/02/1999). La responsabilità dell’Amministrazione scolastica
e degli insegnanti presenta due limiti: il limite esterno
è rappresentato dal periodo d’affidamento dell’alunno alla
scuola: questo decorre dal momento dell’ingresso e termina
al momento dell’uscita da scuola; il limite interno è costituito
dalla impossibilità di impedire il fatto (Cass. civ. Sez.
III sent. 6331/98). La giurisprudenza di legittimità ( Cass.
civ. Sez. III n. 12501/2000; Cass. civ. n. 2606/1997 ) stabilisce
che, nelle ipotesi di fatti illeciti, commessi da alunni durante
l’orario scolastico, sussiste la responsabilità concorrente
del genitore ex art. 2048 c.c., il quale non abbia saputo
impartire un’educazione adeguata a prevenire comportamenti
illeciti. Trattasi di responsabilità solidale ex art. c.c.
e non alternativa. Il grado della colpa e l’entità dei danni
sono accertati ai fini dell’azionabilità del diritto di regresso
nei confronti degli altri soggetti responsabili. Il pagamento
dell’intero debito extracontrattuale di un solo responsabile,
non libera gli altri, in virtu’ del vincolo di solidarietà
giuridica. Colui che ha risarcito l’intero danno, può esercitare
il diritto di regresso nei confronti degli altri condannati,
al fine di ottenere, da questi, la restituzione delle somme
pagate nella misura superiore al grado di responsabilità accertato.
Se, nella causazione del fatto illecito dell’allievo, il genitore
ha avuto una responsabilità del 20% e l’insegnante nella misura
dell’80%, colui che ha pagato l’intero debito, per es . di
£. 100 milioni, avrà diritto alla restituzione di £. 80 milioni,
se genitore o di £. 20 milioni, se insegnante. La giurisprudenza
di legittimità ( Cass. civ. Sez. III n. 12501/2000;n. 2606
del 25 marzo 1997 ) stabilisce che la responsabilità del genitore
e dell’insegnante sono concorrenti, di natura solidale e non
tra loro alternative. La Corte di Cassazione ( Sez. Civ. Sez.
III n. 12501/2000 ) stabilisce che l’affidamento del
minore alla custodia di terzi (insegnanti) solleva il genitore
dalla presunzione di colpa in vigilando ( dal momento che
dell’adeguatezza della vigilanza esercitata sul minore risponde
il precettore cui lo stesso è affidato ), ma non anche da
quella di colpa in educando, i genitori rimanendo comunque
tenuti a dimostrare, per liberarsi da responsabilità per il
fatto compiuto dal minore in un momento in cui lo stesso si
trovava soggetto alla vigilanza di terzi, di avere impartito
al minore stesso un’educazione adeguata a prevenire comportamenti
illeciti . Il genitore, per andare esente da qualsiasi responsabilità
giuridica relativa al fatto del figlio-alunno, deve
superare la presunzione di culpa in educando ex art. 2048
c.c., attraverso la prova liberatoria. Quest’ultima consiste
nel dimostrare di avere impartito al figlio un’educazione
normalmente idonea, in relazione al suo ambiente, alle sue
attitudini ed alla sua personalità, ad avviarlo ad una corretta
vita di relazione e, quindi, a prevenire un suo comportamento
illecito, nonché, in particolare, a correggere quei difetti
( come l’imprudenza e la leggerezza ) che il minore ha rivelato
( v. Cass. civ. n. 7247 del 6 dicembre 1986 ). Inoltre, la
giurisprudenza in esame stabilisce che il genitore deve accertarsi
che il minore abbia assimilato l’educazione ricevuta, che
il medesimo tenga una condotta abituale conforme ai precetti
impartitigli. Nell’opera d’educazione, in altri termini, è
insita un’attività di vigilanza sulla rispondenza del comportamento
del minore e sui risultati concreti dell’attività educativa.
Senorbì-Cagliari, lì 22/XI/2000
Avv. Bruno Sechi
avv.brunosechi@tiscalinet.it
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