1. Evoluzione del pensiero politico fino allo Stato di Diritto

INDICE DEI CAPITOLI

1.1. forme di stato e forme di governo
1.2. evoluzione del pensiero politico
1.3. nascita dello stato di diritto
1.4. nascita della norma giuridica
1.5. forme dello stato di diritto

1.3. NASCITA DELLO STATO DI DIRITTO
Il periodo che va dal 16° al 18° sec. segna la fine dell'ancien régime che presenta le seguenti caratteristiche: - assolutismo: Re=Stato. L'antico regime" era un impasto di assolutismo e di feudalismo e tale impasto era conflittuale in quanto il potere assoluto cercava di sopraffare i poteri feudali e viceversa. - feudalesimo: al potere del Re si contrapponeva una miriade di poteri di derivazione feudale che la monarchia assoluta, ancora alla fine del 1600, non era riuscita a sconfiggere interamente. - società di ceti: stratificazione sociale: nobiltà, clero e terzo stato. Di fronte al Re stava un regno composto da molti corpi intermedi distinti per condizione sociale (appunto gli stati), per professione (le corporazioni) e per territorio (città, borghi, ecc.). La monarchia che si dice assoluta non raggiunse mai una forza sufficiente per imporsi in modo "assoluto", il monarca distribuiva favori ai borghesi o ai nobili a seconda del ceto che intendeva ingraziarsi in quel momento e non riuscì mai a sbarazzarsi dei suoi antagonisti per divenire effettivamente e incondizionatamente sovrano. I limiti che il potere del Re incontrava non era nei diritti dei singoli, bensì nei privilegi dei corpi sociali in cui i singoli erano inseriti. I singoli non avevano diritti ma, appartenendo ad una delle categorie sociali godevano di una posizione sociale, cioè di uno status corrispondente alla loro collocazione nella società. Naturalmente chi non aveva status (es. le donne o i vagabondi) era soggetto all'arbitrio altrui. - cristallizzazioni sociali: la società era come cristallizzata in quanto non era possibile cambiare lo status di appartenenza, che si acquistava per lo più con la nascita; Infatti la nascita determinava i rapporti sociali, la professione, il modo di vivere e i doveri di ciascuno. Era quindi una società chiusa. - diritto divino: il Re governa per diritto divino, concede privilegi al regno ed alla società di ceti. Ad esempio, in Francia, il Re convocava a Parigi gli "stati generali", cioè le rappresentanze dei ceti, affinché questi presentassero le loro richieste particolari e contrattare col Re i nuovi privilegi o, al contrario, affinché il Re potesse concordare con i ceti nuove tasse per fronteggiare il dissesto delle finanze pubbliche; le leggi, nell'antico regime, erano il prodotto di questi accordi particolari. -prevalenza della legge speciale su quella generale: le leggi generali, valide per tutti, erano soppiantate dalle leggi e dalle consuetudini speciali e locali. Questo stato di cose non era alla lunga sostenibile in quanto non rispondeva alle esigenze dello sviluppo economico anzi, lo contrastava Al cambiamento erano interessati sia il Re, per poter aumentare le entrate dello Stato attraverso le tasse, sia gli imprenditori borghesi, per affrancarsi alle vessazioni dei signori locali e commerciare liberamente, eliminando gli ostacoli che i diversi privilegi feudali ponevano in continuazione. Il Re ed il terzo stato, nel periodo che va dal 1500 al 1700 operarono di frequente in accordo per combattere i residui feudali che avvantaggiavano la nobiltà ed il clero. Ad esempio in Francia, nel periodo del Re Luigi XIV (1661-1715) si operò per la modernizzazione dell'apparato produttivo creando industrie statali e attuando il protezionismo tramite barriere doganali alle importazioni. Tutto ciò indebolì i ceti meno intraprendenti come la nobiltà ed il clero rafforzando il terzo stato. Al contrario, in Inghilterra, le resistenze dei comuni furono più efficaci della pressione regia, per cui la regolazione delle industrie tentata dagli Stuart riuscì ad essere molto meno penetrante ed il potere delle corporazioni cedette il passo ad altre forme di aggregazione sociale e politica: si ebbe così una larga osmosi sociale fra aristocrazia, ceti agricoli e ceti imprenditoriali (usciti spesso dalle medesime famiglie), che contribuì essa stessa a creare un clima più favorevole allo sviluppo economico. Lo Stato di Diritto presenta i seguenti elementi: - potere del Re sostituito dal Parlamento. Consideriamo l'esempio francese: l'8 gennaio 1790 i rivoluzionari approvarono la dichiarazione di nullità dei mandati imperativi che legavano i singoli deputati degli Stati Generali alle istruzioni particolari ricevute dai loro elettori: questo fu l'atto che segnò la fine dell'antico regime. L'assemblea di Parigi si trasformò in un parlamento moderno che assumeva su di sé il compito di rappresentare unitariamente la nazione francese e di gestire la sovranità in nome della nazione sovrana, che diceva di rappresentare. - affermazione della sovranità dello Stato: la proclamazione della sovranità nazionale realizzò una vera rivoluzione rispetto alle concezioni della monarchia assoluta. Il monarca assoluto era tale per diritto divino e rispondeva delle sue azioni davanti a Dio e all'autorità che lo rappresentava il terra, cioè la Chiesa. La sovranità nazionale rovesciò quest'impostazione fondando ogni potere politico sulla nazione sovrana ed espellendo l'autorità religiosa dalle faccende dello Stato. - impersonalità dello Stato: si vengono a formare grandi apparati di funzionari pubblici che operano in maniera impersonale per trasmettere la volontà altrui. Attraverso questa burocrazia (caratteristica dello Stato moderno) lo Stato assume un aspetto oggettivo e spersonalizzato. - legge non arbitraria: la legge cessa di essere l'accordo particolare tra il principe e certi suoi sudditi, ma è un comando assoluto che proviene da una volontà generale e non ha di fronte a sé dei contraenti ma dei sottoposti, obbligati ad osservarla senza nulla pretendere in corrispettivo - separazione dei poteri: la garanzia della libertà deve operare anche all'interno dell'organizzazione dello Stato, attraverso la suddivisione dei suoi poteri e la loro attribuzione a organi distinti. La teorizzazione di questo principio è di Montesquieu. Egli ritenne di poter individuare nello Stato 3 poteri tipici: il potere legislativo intero come potere di produrre regole normative di carattere generale nelle materie del diritto penale e di quello privato, il potere esecutivo "delle cose che dipendono dal diritto delle genti" che era inteso come potere pieno in quanto la materia del "diritto delle genti" comprendeva le relazioni fra Stati e le relazioni tra Sovrano e sudditi, il potere esecutivo inteso come potere "nullo" nel senso che non produce diritto nuovo ma si limita ad attuare quello precostituito (questa visione del potere giudiziario sta alla base della teoria che vede il giudice come apolitico, e perciò non politicamente responsabile). Montesquieu affermò che negli Stati che hanno per fine la libertà dei cittadini occorre che i 3 poteri vengano assegnati ad organi diversi e indipendenti, in modo che "potere limiti potere". Questo concetto si ritrova anche in Kant che afferma che i tre poteri dello Stato sono l'uno il completamento dell'altro per l'organizzazione perfetta dello Stato ed, allo stesso tempo, sono reciprocamente subordinate, "poiché l'uno non può usurpare i poteri dell'altro con cui deve collaborare". - esistenza dei diritti dei singoli (nasce dal concetto giusnaturalisti dei diritti dell'uomo nei confronti dello Stato, anno 1600).L'idea che prende forma è che la società non è l'insieme dei ceti, ma l'insieme di individui i quali vivono in associazione sotto una legge comune e uguale per tutti. Quindi i cittadini costituiscono la nazione non in virtù di ciò che li distingue, ma in virtù di ciò che hanno in comune. L'art.16 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo e del cittadino del 1789 dice: le società in cui la garanzia dei diritti non è assicurata e la separazione dei poteri non è stabilita, non hanno costituzione. La politica è così sottoposta ai diritti naturali ed alla costituzione che li proclama. Gli organi dello stato sono sottoposti al diritto, ma non lo è il legislatore che può cambiare la legge, quindi la garanzia del cittadino dipende dalla moderazione del legislatore. Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo 1789: è il primo e decisivo documento della rivoluzione francese, con essa si sono voluti proclamare i diritti naturali a tutta l'umanità. La formulazione è universalistica in quanto si base su un'idea assoluta dell'uomo il quale ha dei diritti propri che né gli altri uomini, né gli Stati possono violare. Questi diritti sono: la libertà, la proprietà, la sicurezza e la resistenza all'oppressione; in particolare la proprietà era considerata il presupposto dell'esercizio della libertà in quanto rende autonomo l'individuo. Nel secolo successivo invece, la proprietà divenne lo strumento della borghesia per incrementare il proprio potere e sottomettere le esigenze della libertà altrui. Costituzione americana 1787: mentre la rivoluzione francese fu di tipo sociale, quella americana era di tipo politico. Si trattava di difendere diritti già esistenti di una società che voleva proteggere la sua libertà dagli arbitri politici, mentre non veniva data alla legge (e quindi alla legislatore) quella onnipotenza datale dalla Rivoluzione Francese. I diritti, considerati patrimonio naturale dei cittadini valevano più della legge e ad essi, e non alla legge, si addiceva la sovranità. Il fondamento di questa concezione sta nella teoria della delegazione del potere. A differenza della Francia, dove si parlava di poteri rappresentativi, in America si parlava di poteri delegati: i cittadini sovrani delegano -con un atto solenne detto Costituzione- ai propri rappresentanti in parlamento (il Congresso) i poteri necessari per la protezione dei loro diritti, di conseguenza, se i delegati esercitano i loro poteri contro i diritti del cittadino, i loro atti sono nulli perché sono fuori dalla delega ricevuta. Quindi, mentre in Francia i diritti dipendevano dalla legge, in America i diritti esistevano prima della legge e la validità della legge dipendeva dal rispetto dei diritti. Il legislatore è così sottoposto al diritto contenuto nella costituzione e quindi la garanzia è molto più forte perché vale a contenere anche gli abusi che possono provenire dalle stesse assemblee legislative: questa è la situazione che si determinò in America e che si denomina "costituzionalismo", definibile come una realizzazione più perfetta dello Stato di diritto. I documenti costituzionali che le colonie inglesi si diedero alla fine del 700 erano generalmente strutturati in due parti, di cui la prima costituita da una tavola dei diritti dei cittadini (Bill of Rights) e la seconda costituita da uno schema di organizzazione dello Stato (Form of Government). Nella tavola dei diritti erano indicati i diritti naturali, inalienabili ed imprescrittibili, del cittadino secondo le idee più diffuse fra i costituenti che erano riconducibili al giusnaturalismo individualistico di John Locke: diritto alla vita, alla libertà, alla libera ricerca della felicità, al godimento ed alla disponibilità della proprietà, a non essere sottoposti a coercizione se non in base alla legge ed alla decisione del giudice. La forma assunta dallo Stato non era altro che lo strumento tecnico per garantire la tutela dei diritti naturali citati. Quindi il rapporto tra le due parti della Costituzione era considerato un rapporto gerarchicamente funzionale e dava così vita ad una struttura a doppio livello di legalità (cioè a livello costituzionale ed ordinario) che costituiva per il Parlamento uno sbarramento alla sua capacità di creare diritto nei diritti costituzionalizzati. Naturalmente col tempo la lista dei diritti costituzionalizzati si è ampliata andando oltre quelli della cultura giusnaturalistica. La tutela dei diritti si realizza tramite il giudice di costituzionalità in modo completo se egli ritiene che la Costituzione non sia un semplice limite alla legge ordinaria, ma il suo fondamento. E tanto più ciò avviene, tanto più il giudice di costituzionalità si assumerà il potere non solo di abrogare le norme ordinarie, ma anche di modificarle manipolandole (è il caso delle cosiddette sentenze manipolative che dichiarano incostituzionale un norma nella misura in cui non contiene una norma ulteriore). In particolare la Magna Charta contiene due principi fondamentali: - nessuno può essere condannato senza aver prima avuto un processo - tutti devono contribuire alle spese pubbliche in ragione delle loro possibilità Questo periodo coincide con la nascita del concetto di sovranità nazionale esercitata dal Parlamento su cittadini uguali davanti alla legge (uguaglianza formale).

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