4. I Diritti di Libertà INDICE 4.0. Aspetti
4.1. La libertà personale
4.2. La libertà di circolazione
4.3. La libertà di domicilio
4.4. La libertà della corrispondenza
4.5. La libertà di manifestazione
del pensiero
4.6. La libertà di riunione
4.7. La libertà di associazione
4. LA LIBERTÀ E SEGRETEZZA DELLA CORRISPONDENZA -ART.15
Presupposto: oggetto della tutela dell'art.15 è il bisogno
di un individuo di comunicare con determinate persone escludendone
altre, cioè è la libertà di manifestare effetti della privacy
nei confronti di determinate persone (quindi è diversa dalla
libertà di pensiero o di stampa che riguardano le comunicazioni
fatte a tutti).Questa libertà esisteva nelle Costit. Liberali
solo per gli atti dello Stato, quindi è una libertà del potere
pubblico che poi è stata estesa ai privati. La titolarità
della libertà di corrispondenza spetta a tutti e non ai soli
cittadini; spetta cioè anche agli stranieri, alle persone
giuridiche ed alle formazioni sociali in genere. La protezione
giuridica si estende a qualsiasi tipo di comunicazione (lettere,
telegrammi, ecc.) destinata a certi soggetti escludendone
altri, tale diritto di segretezza è strettamente collegato
a quello di libertà perché non può esserci libertà (dallo
stato, soprattutto) se non c'è segretezza). Il secondo comma
dell'art. 15 stabilisce che i limiti a tale libertà possono
subire limitazioni solo per atto motivato dell'A.G. con le
garanzie stabilite dalla legge: quindi è escluso l'intervento
dell'autorità amministrativa (es. PP.TT.) neppure in via provvisoria
e per casi di necessità ed urgenza; vi è quindi maggior garanzia
di quella disposta in favore della libertà personale e di
domicilio dovuta al fatto che non sono stati ipotizzati, nelle
situazioni tutelate dall'art.15, i casi di urgenza previsti
per le libertà suddette. Infatti in cpp stabilisce, per il
sequestro della corrispondenza, che debba provvedervi il giudice
con un provvedimento motivato, su richiesta del P.M., inoltre
la P.G. che procede al sequestro, non può aprire la corrispondenza
(art.254 cpp). Per quanto riguarda le intercettazioni di telecomunicazioni,
l'art.266 cpp indica tassativamente i reati per cui sono ammesse.
Nonostante il rigore imposto dall'art.15, spesso i Corpi di
Polizia hanno compiuto gravi abusi: si ricordano le intercettazioni
telefoniche del SIFAR (servizi segreti dello Stato) per l'accertamento
delle cui deviazioni fu istituita una commissione parlamentare
d'inchiesta nel 1969, e i casi di spionaggio politico e industriale
verificatisi negli anni 70 ad opera della polizia e di privati.
Fu appunto in quell'epoca che intervenne un'importante sentenza
della Corte Costituzionale, la n.34 del 1973, annoverabile
fra quelle dette "interpretative di rigetto" che venne recepita
dalla legge 18/4/74 n.98 che ha provveduto a disciplinare
con maggiore rigore la materia inserendo l'art.226 bis e ss.
del cpp. La nuova normativa stabilisce che se non c'è autorizzazione
del G.I.P., qualsiasi prova legata alla violazione dei principi
non è valida, cioè la forma è legata alla validità della prova.
Tale rigore è stato attenuato prima col D.L. 21/3/78 n.59,
che ha autorizzato le intercettazioni telefoniche presso gli
impianti in dotazione agli uffici di polizia; e poi con l'art.16
delle legge 13/9/82 n.646, al fine di combattere più efficacemente
il fenomeno mafioso, in particolare predisponendo misure per
evitare che le persone sottoposte a misure di prevenzione
possano utilizzarle le comunicazioni telefoniche per continuare
attività illecite. Gli articoli del cpp riguardanti le intercettazioni
sono: art.266: l'intercettazione è prevista solo per alcune
categorie di reati; art.267: debbono preesistere gravi indizi
di reato e l'intercettazione è indispensabile non per l'inizio
(l'indagine investigativa non può trarre dall'intercettazione
la sua origine), ma per il proseguio delle indagini; l'intercettazione
è attività del P.M. ma è il G.I.P. ad autorizzarla, con decreto
motivato; detta autorizzazione ha la durata di 15 gg. e può
essere prorogata a richiesta del P.M. Nei casi di urgenza
il P.M. stesso può emettere un decreto motivato, ma deve essere
convalidato entro 48 ore dal G.I.P.; la mancata convalida
comporta la inutilizzabilità delle informazioni . art.268:
è il G.I.P. a sovrintendere, al termine dell'intercettazione,
allo stralcio delle conversazioni irrilevanti e di quelle
vietate; è lui a disporre la trascrizione integrale delle
registrazioni da acquisire. Le parti hanno il diritto di conoscere
i decreti iniziali di intercettazione e di ascoltare le registrazioni
prima dello stralcio.
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